Numerosi i gap da colmare per sostenere le pazienti con tumore al seno nella ricerca di un’occupazione o nel rientro al lavoro. Presentati i primi risultati del progetto Althea.
È stato presentato, mercoledì 11 dicembre, alla Casa dei Diritti di Milano il progetto Althea. Cura e Lavoro – Una rete tra pazienti e lavoro negli ospedali dell’area metropolitana di Milano, l’iniziativa per sostenere le donne che, dopo una diagnosi di tumore al seno, sono alla ricerca di occupazione o desiderano rientrare nel mondo del lavoro. Il progetto, realizzato da Afol Metropolitana, ente capofila, in collaborazione con Europa Donna Italia, insieme a Euromedia Research, il Comune di Milano e i Piani di Zona, si inserisce nell’ambito del Piano Emergo 2022 di Città metropolitana di Milano. Realizzato grazie anche alla collaborazione di primarie realtà socio-sanitarie come l’Istituto Nazionale dei Tumori, l’Istituto Europeo di Oncologia, Humanitas Research Hospital e Humanitas San Pio X, il progetto ha l’obiettivo di mappare i bisogni delle pazienti e i servizi esistenti per supportare la loro ripresa professionale, individuando i margini di miglioramento per creare una rete di supporto capace di rispondere alle loro esigenze.
Nell’ambito del progetto Althea è stata condotta una ricerca qualitativa, a testimoni “privilegiati” che accompagnano le pazienti nel percorso di cura, e una ricerca quantitativa. Quest’ultima, condotta da Euromedia Research, ha coinvolto 219 donne, pazienti degli ospedali dell’area metropolitana di Milano e ha rivelato dati significativi riguardo l’impatto che la malattia ha sulla vita professionale e personale. Dallo studio è emerso che la diagnosi di tumore al seno ha avuto per le donne intervistate un forte impatto sulla loro identità (53%), seguito da effetti significativi sulla vita lavorativa (18,3%), prima ancora che familiare (11,4%) e sociale (2,7%). La ripresa del lavoro rappresenta per il 91,8% delle donne un’importante opportunità di ripartenza e di recupero della normalità.
La ricerca ha anche evidenziato che quasi la metà delle donne intervistate (44,8%) non si è sentita tutelata dalle leggi che regolano il mercato del lavoro e il 72,6% giudica insufficiente il livello di informazioni ricevute in merito alle normative e agevolazioni previste per il rientro nel mondo del lavoro. La maggior parte delle intervistate ha espresso la necessità di punti informativi in luoghi strategici come ospedali e centri per l’impiego, per facilitare l’accesso a queste informazioni. La ricerca ha inoltre sottolineato che i principali interlocutori capaci di favorire il rientro al lavoro sono i servizi per il lavoro (31,1%), seguiti dagli ospedali (18,7%), dalle associazioni di categoria (12,8%), dai sindacati (12,3%) e dai servizi sociali (5,5%). Infine, quando è stato chiesto alle donne di rappresentare il loro rapporto tra lavoro e malattia, la parola più comune è stata “normalità”, seguita da “comprensione” e “salvezza”, a conferma dell’importanza che il lavoro ha nel processo di recupero psicologico e sociale delle pazienti oncologiche.
“Sono sempre stata convinta – ha dichiarato Diana De Marchi, consigliera delegata alle Politiche al Lavoro, Politiche sociali e Pari opportunità della Città metropolitana di Milano – che la cura delle persone stia nelle relazioni e le relazioni siano la cura per superare insieme difficoltà e ostacoli. E questo progetto lo dimostra benissimo, perché da incontri e da bisogni emersi è stata costruita questa sperimentazione che dobbiamo far crescere e rendere strutturale nel rispetto del diritto al lavoro delle persone, in questo caso donne oncologiche, che non vanno per questo discriminate. L’idea di questo progetto nasce infatti dall’incontro che ho avuto con Rosanna D’Antona e che ci ha portate poi da Rosalba Miceli per la realizzazione”.
“È un progetto importante – ha sottolineato Elena Lattuada, delegata del Sindaco alle pari opportunità del Comune di Milano – perché mette insieme una condizione di fragilità e l’immaginarsi una vita dopo. É una buona prassi su come accogliere le donne che rientrano al lavoro o su come stanno al lavoro, che può e deve riguardare anche il Comune di Milano. Certamente nel processo in itinere di certificazione di genere si dovrà tenere conto di quanto emerso da questo percorso di ascolto e proposte”.
“Il progetto Althea – ha dichiarato Tommaso Di Rino, direttore generale di Afol Metropolitana – ha messo in evidenza non solo l’importanza del lavoro come occasione di rilancio personale e ritorno alla normalità, ma anche la necessità che si passi dalla sperimentazione all’ordinarietà: servono servizi d’accompagnamento al lavoro e un’informazione adeguata per sostenere le donne”.
“I risultati della ricerca – conclude Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia – indicano con chiarezza i gap da colmare per garantire alle pazienti una buona ripresa lavorativa; alla luce di queste evidenze, fare rete è una necessità. Istituzioni, uffici del lavoro, ospedali e associazioni di pazienti, siamo tutti chiamati a collaborare per mettere a punto azioni mirate e di supporto. Sappiamo bene, infatti, che accanto al percorso terapeutico, la sfera professionale è fondamentale non solo perché permette un recupero dell’autonomia finanziaria, ma anche perché lavorare significa per molte donne circoscrivere la malattia e tornare alla vita, uscendo dalla sola dimensione di paziente”.
